169 giorni di vacanza…23a puntata.

 

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L’esempio ricevuto in casa è quasi…tutto,un editore 27enne anche lui a Kyoto,la domenica,durante un viaggio di lavoro in Giappone del 1974.

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“Carine le donne giapponesi” scrive lo zio Oreste ,finalmente s’è destato dal bicarbonato e dai sali di Hunt “ma ne riparleremo più avanti”,e segue commentando che lo farà quando avrà visitato un maggior numero di ambienti.

Carine forse ma anche molto maltrattate da quanto appare dal testo del Carletti di fine ‘500,quel mercante toscano che scrive a uno dei Medici,rientrato in patria,che in Giappone la donna era talmente sottoposta al marito dal darsi ella stessa la morte se le veniva ordinato,o come raccontavano quei briganti di portoghesi provenienti dalla Cina con le spezie che non appena sbarcati si presentavano da loro dei mediatori a vendere delle vergini giovanissime secondo le tempistiche richieste dai marinai.

Che potevano arrivare a un matrimonio così come anche solo a permettere di guadagnarsi una dote per sposarsi quand’anche non venissero affittate a giornata.Tale era la loro povertà.

Chiaro che dal ‘500 al novecento di tempo ne è passato ma i soldati giapponesi che invasero la Cina  ai tempi dello zio Oreste o poco più in là lasciarono a Nanchino dei ben brutti ricordi.

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The Miyajima Hotel

Inland Sea,Japan                                                               Miyajima   21 marzo 1934

Carissimi,

Questa è la prima tappa del viaggio in Giappone: la Cina è già lontana,così pure la Manciuria e la Corea.La Cina mi ha lasciato uno sgradevole ricordo sotto forma di un solenne raffreddore buscato a Pekino sotto la sferza del vento gelido che soffiava e naturalmente col raffreddore anche il mal di stomaco si fa sentire più del solito: ieri ci vollero 20 pillole di bicarbonato per rendere tollerabili i dolori.

Sono quindi un poco abbacchiato,come dicono a Roma,ma tiro avanti ugualmente sperando in giorni migliori.

Le ultime notizie sulla Cina ve le ho mandate in una lettera impostata a Mukden (per via ordinaria in mancanza di servizi aerei) il 19 corrente che dovrebbe giungervi in tre settimane per la Transiberiana.

Sulla Manciuria e sulla Corea non c’è nulla di particolare da dire: entrambe regioni vastissime nelle mani dei Giapponesi che si sono presi la Corea a conclusione della vittoria riportata sui Russi una trentina di anni fa,e che da due anni stanno sottraendo la Manciuria alla Cina con mille pretesti.Bisogna riconoscere però che l’impronta giapponese è evidente per il maggior benessere e per le condizioni tutte del vivere.

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Siamo arrivati in ferrovia fino alla punta estrema della Corea -Pusan- donde un vapore giapponese,ottimo,ci ha portati stanotte attraverso lo stretto di Corea o di Tsushima (che fu 29 anni fa la tomba della flotta russa) fino a Shimoneseki,dove si doveva arrivare stamani alle 7. Io dalle 5 ero in piedi curioso di vedere il Giappone,ma non ho potuto star fuori per il vento e per la pioggia,entrambi violentissimi: fu peccato davvero il tempo avverso perché l’arrivo non sarebbe stato meno magico di quello di Hong Kong a cui lo scenario corrisponde e forse lo supera.Siamo scesi a terra flagellati da un vento gelido della stessa marca di quello di Pekino per ripartire a questa volta in ferrovia alle ore 9: qui giungemmo alle 14 accolti dallo stesso vento e da ugual freddo.E sarebbe anche qui il primo giorno di primavera!

Queste cinque ore di ferrovia,anche sotto il cielo plumbeo ed in riva al mare rabbioso e livido,furono tutte uno spettacolo tanto sono graziose le linee del paesaggio,rallegrato dall’incipiente fioritura di una quantità di piante.E’ tutta una successione di isole montagnose,di casette linde e pulite,di aranci,di mandarini,di mandorli,di ciliegi,di camelie: una campagna lavorata,quasi direi ricamata con ogni sorta di cure,bellissime risaie e distese vastissime di gelsi:degli alberi-soprattutto pini-pieni di contorcimenti e di forme graziosissime.

Su ogni cosa,imponente,una febbre di lavoro rappresentata dai colossali impianti industriali che si succedono l’un l’altro per lunghi tratti,interrompendo la teoria dei giardini e dei cimiteri,anch’essi pieni di poesia.

Questo sito donde scrivo queste mie prime sommarie impressioni sul Giappone è un’isola sacra,molto cara ai Giapponesi: vi è una specie di santuario che ha 2500 anni di vita,a cui convengono- fra gli altri- tutti i militari della Marina e dell’Esercito prima di impegnarsi in imprese belliche recandovi offerte e cimeli.

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Panorama sul mare del Giappone con vista di Inland Sea che è di fronte. 

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Si scende dal treno e con 1/4 d’ora di motoscafo si è sull’isola: lo scenario tutto in giro anche col tempo rabbiosamente freddo e ventoso d’oggi,è fantastico.E’ molto ma molto in grande la stessa sensazione che ricevete sul Lago dei Quattro Cantoni o anche soltanto da Cernobbio o da Bellagio,senza la sfacciata opulenza degli Hotels di quei posti:qui la bellezza è più naturale.

Centinaia di daini passeggiano liberamente in riva al mare,nei parchi,nelle gradinate o sotto le volte dei templi,nei viali o dinnanzi le botteghe,e servono di complemento ai fotografi che pullulano.

Si rimane qui stanotte e domani alle 14 si parte per Kobe.

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Itsukushima  visto con l’alta marea 

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e con bassa marea

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l’isola vista dal tempio

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22 MARZO.

Seguito la presente sul treno che ci porta a Kobe.I treni sono confortevolissimi,puliti e scortati da personale gentilissimo,quelli più importanti hanno in coda un “observation-car” o vettura belvedere dalla quale non si perde nulla del paesaggio sdraiati su comode poltrone.

C’è pure a disposizione dei viaggiatori una biblioteca,delle cartoline illustrate e il necessario per scrivere.

Di viaggi in ferrovia in Siam,a Giava,in Cina abbiamo fatto indigestione: ma è strano con che disinvoltura si sale in treno per fare viaggi da 8 a 48 ore,mentre da noi se dovessimo metterci in viaggio per Bari o per Roccacannuccia si tirerebbero giù dei moccoli senza fine.Abbiamo passato in ferrovia parecchie notti dormendo sempre abbastanza bene malgrado l’istintiva ripugnanza: Maria per non avere la testa a contatto del cuscino l’avvolgeva (il cuscino,non la testa) in un asciugamano e per me aveva la delicatezza di foderare il cuscino con una serica sottana di sotto: seta contro seta!

Abbiamo anche fatto molti pasti in treno con non poca diffidenza,eppure anche sotto questo rispetto siamo sempre stati bene: il freddo mi ha fatto male,mai il mangiare.

Pesce sempre freschissimo,ottime zuppe,agnello,montone,pollo o maiale,mele eccellenti,un po’ meno gli aranci ed i mandarini,caffè idroterapico e birra sempre buona.Camerieri sveltissimi e premurosi che non parlano mai e addestrati a non far rumore.

Merita specialmente menzione il personale ferroviario per l’irreprensibilità della tenuta,questo non solo per il Giappone,ma anche per la Cina dove si direbbe che le sole persone pulite ed eleganti sono i ferrovieri del personale viaggiante,tutti in panno nero con bottoni di metallo lucido,un alto cinturone di cuoio alla vita,GUANTI BIANCHI e in testa un berretto con gallone bianco come il portiere della Marchesa Della Val…

Non si strombetta,non si scampanella e non si fischia,nè si grida quando il treno sta per muoversi: ognuno pensa da sé e in Giappone il conduttore viene a dirti ogni volta quanti minuti dura la prossima fermata.

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Fermata per fermata ci fermiamo anche noi per fare un intervallo.

Alla prossima puntata!

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