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Archive for gennaio 23, 2013

break pubblicitario…

gennaio 23, 2013 Lascia un commento

DSC09555frutta contl and exotique

frutta continentale ed esotica..e due bottiglie..una d’acqua semipiena..e l’altra di vino..vuota.

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..gessetto ed acquarello..

fanno rima..con

..mano..e pennello…

30 x 40 cm

su carta

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DSC09552 gm

Jean Modeste..

reminds..ricorda..rappelle

di aderire a

to…join us..nous.. joindre.. 

unirse..

a:

http://www.facebook.com/pages/La-Tribuna-Artistica-di-Vercelli/132752126801054?fref=ts

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Il kibbutz e il futuro..

gennaio 23, 2013 Lascia un commento

nofsas

vista del kibbutz Sasa..in alta Galilea..

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angelica-calo-livne“Una cooperativa, senza sfruttatori e senza sfruttati.Una comune»

L’iscrizione sulla pietra e il patto che suggellava non sono riusciti a celebrare il centenario.
In un articolo del 18 gennaio scorso, Davide Frattini descrive con tristezza la fine di un’esperienza esclusivamente israeliana e lo fa con una tale empatia e con una tale sicurezza che decine di amici e conoscenti che hanno visitato Israele e hanno avuto la fortuna di trascorrere persino qualche ora in un kibbuz, mi hanno scritto allarmati e preoccupati.

Sasa, il mio kibbuz in Galilea, è un po’ più giovane di Degania: il 14 Gennaio ha compiuto solo 64 anni ma la festa di compleanno la celebreremo fra una settimana e ci saranno, secondo la nostra ben radicata tradizione, canti ebraici e americani (per dare onore ai nostri primi pionieri di Chicago, Milwaukee, New York e dal Canada), brani musicali eseguiti dai ragazzi del Liceo del Kibbuz, dialoghi tratti dall’archivio sulle storie e le avventure dei primi anni e naturalmente una cena sontuosa a base di manicaretti da tutto il mondo cucinati dalle famiglie della comunità secondo la rispettiva provenienza.

Poi la sera si aprirà il Moadon, punto di incontro dei chaverim – i membri del kibbuz e ci saranno i turni alla sala da pranzo, alla mungitura e ai pascoli e molti di questi turni saranno eseguiti anche da studenti che ora vivono a Tel Aviv, a Gerusalemme o a Beer Sheva, da professori che insegnano in qualche università o college in Israele, dal capo della fabbrica e dal segretario del Kibbuz (che è una sorta di sindaco).

Questo succede a Sasa, a Bar Am e a Iron, a pochi chilometri da qui, fondati anch’essi nel ’49 che contano circa 200 membri votanti all’assemblea e altri 250-300 persone tra bambini, studenti e ragazzi di leva ma anche a Mishmar HaEmek, un kibbuz vicino a Haifa, che fu fondato nel 1922 da ragazzi del Movimento Hashomer Hazair della Galizia e conta oggi 1170 persone.

E’ vero, molti kibbutzim sono stati privatizzati, sono stati sballottati e travolti da crisi idealistiche e problemi economici, ma da qui a dire che il kibbuz è finito… Sono 80 i kibbutzim che ancora sono completamente comunitari.

Frattini riporta una frase di Yossi Sarid: “Non si sono mai più ripresi, malgrado il loro contributo incomparabile alla fondazione e alla difesa del Paese».

Come non si sono mai più ripresi?

Dieci anni fa Sasa era arrivato allo stremo delle forze: le 3000 tonnellate di mele che producevamo, coglievamo e iscatolavamo ogni anno, il latte, tra i migliori di Israele, il cotone e gli agrumi non bastavano per mantenere 80 famiglie. Assemblee su assemblee. 170 milioni di dollari di debiti verso le banche. Pensioni dei membri annullate, ma tutti i giorni ci si incontrava alla sala comune per scambiarsi le idee, si continuava a lavorare di lena. Ogni festa e ricorrenza, perlomeno una al mese (noi ebrei siamo stati premiati dal Signore con tante feste da riguardare, forse per compensare tutte le vicissitudini che sconvolgono a volte le nostre vite e per darci la voglia di andare avanti!!!) venivano celebrate con spettacoli, canti, danze, organizzati dai membri del kibbuz di tutte le età.

Non ci siamo dati per vinti.

Siamo riusciti a ritirarci su dalle ceneri come l’araba fenice!

Nel giro di pochi anni le due fabbriche: Plasan di blindatura di veicoli contro il terrorismo e SasaTech di materiali di pulizia ecologici, ci hanno permesso di ricreare il futuro comune: ingrandire la sala da pranzo e attrezzarla contro i terremoti (siamo in zona sismica oltretutto), ristrutturare tutti gli spazi comuni, allargare il cerchio degli studi fino al master e al dottorato, creare un asilo sperimentale musicale, aggiungere nuovi indirizzi al Liceo Anna Frank: che ora offre ai giovani dell’Alta Galilea anche l’opportunità di una maturità in musica e teatro oltre all’artistica, tecnologica, classica, fisica e matematica.

I nostri figli vogliono provare a mettersi in gioco e scegliere il loro futuro: noi abbiamo lasciato la città, la famiglia, un posto sicuro per seguire un ideale…I giovani hanno il diritto di scoprire da soli il valore del tesoro nel quale sono nati e cresciuti. Tutto il buono e il bello che hanno respirato fin dai primi momenti di vita. Spesso seguono il compagno o la compagna che hanno conosciuto durante il servizio militare o durante gli studi e si sistemano in città. Non sempre questo tipo di vita è adatto a tutti. Anche per la mia famiglia, tanti anni fa, era incomprensibile che io lasciassi Roma, una casa dove c’era di tutto e molto di più, per andare a correre su un trattore e cogliere mele e kiwi, a fare teatro con ragazzi ebrei, arabi, disabili, disagiati, anziani e di culture diverse…

Non mi preoccupa il fatto che non c’è nessun politico che viene dalla società kibbuzzistica, alle elezioni.

I kibbutzim sono l’1 per cento della società israeliana. Non abbiamo bisogno a tutti i costi di politici!

Sarei piu preoccupata se non ci fossero piu’ educatori, artisti, professori, fisici, agricoltori, terapisti, ingegneri…

Tranquilli! Siamo ancora qua!

Discutiamo a tutte le assemblee, a volte riusciamo a convincere gli altri e a volte no. Ma questa è la democrazia. E finché ci saranno interrogativi, dibattiti e votazioni c’è la speranza che si possa cambiare qualcosa…e se non è in questo giro, basta aspettare!

Angelica Edna Calò Livne

http://www.moked.it/unione_informa/130123/130123.html

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la ns redazione presenta:

..se volete dare un’occhiata al kibbutz Sasa…cliccate su..

http://www.ksasa.org.il/cgi-webaxy/sal/sal.pl?lang=he&ID=161754_sasa&dbid=katavot&act=show&dataid=7

ed in italiano…

http://www.unpattotranoi.it/sasa_questionario.htm

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il Condor Andino…

gennaio 23, 2013 Lascia un commento

Condor Andino

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El cóndor andino es la ave voladora más grande del mundo, majestuoso símbolo de los Andes y considerado el espíritu del mismo, con sus enormes alas vuela como un sereno guardián en el cielo, por encima de los altos picos montañosos. Los pueblos andinos no dudaron en asignarle importancia religiosa, representarlo en sus cerámicas o pinturas rupestres y convertirlo en expresión y representación de la civilización prehispánica más importante del continente: la civilización andina.

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Se le atribuye una gran longevidad y, en algunos casos, hay quienes llegan a sostener que el cóndor andino nunca muere, ya que al sentirse viejo y enfermo volvería a su nido a renacer.

El cóndor andino es un animal emblemático, un eslabón simbólico con nuestro pasado cultural.

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El cóndor es un animal exclusivamente carroñero, esto quiere decir que no mata ni caza para comer,si no que se alimenta de cadáveres de animales o carroña.

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En el imperio incaico fue considerado una divinidad muy especial que unía el hanan pacha con el kay pacha.
Alrededor del condor existen varias historias y leyendas; por ejemplo, cuenta la tradición que cayó en el patio del Aqllawasi cusqueño o Casa de las Vírgenes del Sol un cóndor muerto, hecho que se interpretó como el anuncio de la destrucción del Tawantinsuyo.
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Hoy, el cóndor no es más un dios importante entre los andinos pero aún mantiene algunas de sus características superiores o divinas, participando en algunos pueblos remotos en fiestas en su honor como la celebración del Yawar Fiesta que significa fiesta de sangre.
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El cóndor pasa es una canción tradicional en su honor, siendo una zarzuela peruana cuya música fue realizada por el compositor peruano Daniel Alomía Robles en 1913, registrada legalmente en 1933 y la letra obra de Julio de La Paz.
En el Perú fue declarado Patrimonio Cultural de la Nación en el año 2004.
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Al final de su larga vida el cóndor se siente cansado y un tanto débil de fuerzas, cree que su vida ya no tiene sentido por lo que opta por el final preferido por su raza y practicado por milenios, decide su suicidio para lo cual remonta vuelo y trata de alcanzar una altura bastante grande para luego descender en picada a una velocidad extraordinaria y finalmente estrellarse contra la faz rocosa de una montaña, dando así fin a una centuria de reinado en los cielos andinos.
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NOTA: le parole di origine inca…le trovate facilmente spiegate su Wikipedia..per esempio…
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luciano giachetti..fotocronisti baita..

gennaio 23, 2013 Lascia un commento

Strumenti per la ricerca e la didattica

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Immagini nel sito dell’Archivio Baita

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lucien

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Mi spiace di non avere in mano una fotografia diversa di Luciano Giachetti  che sino ad una certa età credevo che di cognome facesse Baita,la classica capanna di montagna,il termine Baita si riferisce infatti ad un rifugio alpino o ad altra costruzione montana tipica delle Alpi, come gli alpeggi.

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imagesCAM1BGBKuna baita..montana..

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Dato che conosceva i miei genitori e si salutavano per  strada,anch’io da bambino lo salutavo e gli dicevo..buon giorno signor Baita..lui forse borbottava qualcosa ma ero troppo piccolo..perché si fermasse a correggermi,cosa che invece fece mio padre.

Crescendo aumentò la confidenza e non di rado ci fermavamo per strada a conversare non dico di politica ma quasi…era un argomento sul quale non si tirava indietro anche se devo ammettere che avevo idee diverse dalle sue..ma insomma,lui era del ’21 ed io del ’47,e ventisei anni di differenza non sono pochi soprattutto se vissuti in contingenze storiche ben diverse.

Vi lascio un breve ricordo di un uomo un po’ burbero.. sotto certi aspetti, ma molto schietto.

Per aprire le gallerie fotografiche dovete cliccare sulle fotografie allegate in basso…

Giachetti, Luciano (P) detto “Lucien”
Dati anagrafici: Biella, 4 aprile 1921 – Vercelli, 12 luglio 1993.

Luogo di attivita’:Biella, Torino, Vercelli.

Periodo di attivita’: XX secolo (anni ’30 – anni ’90).

Comincia attorno al 1935, dapprima a Biella

dove apprende il mestiere da Verecondo Ghelfi (Ottica Regazzi),

quindi collabora con la “Foto Cervus” di Adriano Donna, poi si trasferisce a Torino

e, dopo essersi diplomato alla scuola di fotografia “Teofilo Rossi di Montelera”,

lavora per “La Stampa”. Fotografo della Resistenza, nel dopoguerra fondo’ a

Vercelli la “Agenzia Fotocronisti Baita”, che documenta la vita vercellese dal 1946

al 1993.

Di grande interesse storico e culturale la parte di fotografie realizzate durante

la sua militanza tra i partigiani del Biellese (1944-1945).

Per facilitare i visitatori ricordiamo che nel sito  dell’Archivio fotografico Luciano Giachetti -Fotocronisti Baita (a cui aderisce l’Istituto) vi sono alcune gallerie di immagini:
Immagini della ResistenzaAlcune tra le migliaia difotografiescattate dall’estate del 1944alla primavera del 1945 nel Biellesee nel Vercellese da “Lucien”,il partigiano

con la Leica.

Immagini della LiberazioneUna selezione di fotografie scattate durante i giornidella liberazione di Vercellida Luciano Giachetti eAdriano Ferraris,i partigiani

“Lucien”e “Musik”.

Immagini di ex internati militariUna selezione di fotografiescattate da Luciano Giachettie Adriano Ferraris a ex internati militaridellaprovincia di Vercelli

di ritorno a casa.

Immagini del 1945 Una selezionedi fotografieche documentanol’attività

dell’Agenzia

Fotocronisti Baita

nel primo anno

di attività

 
Immagini del 1946 Una selezionedi fotografieche documentanol’attività

dell’Agenzia

Fotocronisti Baita

nel 1946,l’anno della Repubblica.

 

http://www.storia900bivc.it/pagine/strumenti/imgarchbaita.html

27 gennaio domenica…

gennaio 23, 2013 Lascia un commento